FRANCHINO GAFFURIO

Franchino Gaffurio (Gafurius, Gaffori, Gafori) nacque a Lodi il 14 gennaio 1451 da Bettino e Caterina Fissiraga. Era di famiglia di censo elevato: il padre era capitano di ventura di lontana origine milanese (un antenato, Guilielmus Gafurius, fu console di Milano nel 1189) e si trovava in quegli anni a Lodi al servizio di Francesco Sforza; il cognome della madre ne attesta l’appartenenza ad una delle famiglie più importanti di Lodi.L’educazione di Franchino fu affidata a un prozio, Taddeo Fissiraga, sacerdote e dottore in scienze nonché dal 1456 vicario generale del Vescovo di Lodi, e si svolse presso il monastero benedettino di S. Pietro. L’ambiente monastico fu determinante nell’accendere in lui l’amore per il canto; in quegli anni egli studiò musica con il padre carmelitano fiammingo Johannes Goodendach (o Bonadies, secondo la forma latinizzata del nome) già famoso per il trattato Regulae cantus, nel quale aveva raccolto le migliori opere didattiche dell’epoca. In questo periodo Franchino fu cantore della Cattedrale di Lodi e scrisse i suoi primi due trattati di teoria musicale, Extractus parvus musicae e Tractatus brevis cantus plani.
Conclusi gli studi alla fine del 1473, il giovane Gaffurio, che sembrava destinato al sacerdozio, decise invece di “rientrare nel secolo”. Prima della fine dell’anno lasciò la città natale per cominciare una lunga serie di viaggi che lo portarono in numerose città italiane. Il primo soggiorno fu a Mantova, dove in quegli anni viveva il padre e dove rimase per quasi due anni approfondendo, nell’ambito del fecondo ambiente della corte di Luigi III Gonzaga, gli studi di teoria e composizione musicale. All’inizio del 1476 partì per Verona dove continuò i suoi studi e scrisse due trattati Musicae institutionis collocutiones e Flos musicae (dedicato a Luigi III Gonzaga), oggi perduti. Nel 1477 fu chiamato a Genova da Prospero Adorno, principale esponente di una delle più importanti famiglie genovesi (già doge nel 1461 e poi, dall’aprile del 1477 alla fine del 1478, governatore della città per conto del signore di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza); Franchino vi insegnò e compose canzoni e madrigali d’occasione andati perduti. In seguito a una rivolta che spodestò l’Adorno Gaffurio, il 25 novembre 1478, lo seguì nella fuga verso Napoli, alla corte di Ferdinando I d’Aragona (più noto come Ferrante I), da sempre alleato degli Sforza. Nonostante il segretario del re fosse un prelato lodigiano, Filippo Bonomi, nei quasi due anni in cui risiedette a Napoli Gaffurio non ottenne alcun impiego alla corte aragonese. L’ambiente e il momento erano, comunque, quanto mai stimolanti, considerato che Napoli sotto Ferdinando I era diventato uno dei primi centri musicali d’Italia; ebbe così l’occasione di frequentare numerosi musicisti di valore tra i quali, in particolare, il direttore della cappella Palatina Giovanni Tinctoris, famoso compositore e teorico musicale fiammingo. A Napoli scrisse il Theoricum opus, uno dei più vasti trattati da lui composti, pubblicato nel 1480.
Alla fine dello stesso anno Gaffurio rientrò a Lodi dove ricevette dal vescovo la nomina a maestro di musica presso il castello di Monticelli d’Ongina, incarico che ricoprì per tre anni durante i quali iniziò a scrivere il trattato Practica musicae, che completò a Milano. Nel 1483 fu chiamato a dirigere la cappella della cattedrale di Bergamo, ma dopo pochi mesi ritornò a Lodi.
Il 22 gennaio 1484, infine, venne eletto maestro di cappella presso il Duomo di Milano, incarico che ricoprì fino al 25 giugno 1522, giorno della sua morte.
In questo lungo periodo ebbe anche alcune cariche ecclesiastiche e civili: fu parroco della chiesa di S. Marcellino, lettore di musica alla corte sforzesca e poi, con la venuta dei Francesi, fu insignito del titolo di regius musicus. Fu inoltre musicae professor al ginnasio fondato da Ludovico Sforza e, dal 1494 al 1499, lettore di musica a Milano stipendiato dall’Università di Pavia.
I suoi incarichi alla cattedrale furono di diversa natura: doveva dirigere il coro, cantare egli stesso e istruire i fanciulli cantori. Sebbene il mondo musicale sforzesco fosse dominato da una forte presenza fiamminga, Gaffurio volle che il coro fosse formato principalmente da giovani provenienti da famiglie milanesi di alto rango [N.d.r. – tuttora esiste presso il Duomo di Milano la “Schola Puerorum Franchino Gaffurio”, che si occupa di istruire le cosiddette “voci bianche”].                                                      La Milano sforzesca era centro di grande richiamo per gli artisti e qui il Nostro ebbe modo di frequentare musicisti, letterati, pittori insigni nonché di stringere amicizia con Leonardo da Vinci, al quale è attribuito il “Ritratto di musico”, conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana, che raffigurerebbe proprio Franchino Gaffurio. [N.d.R. – L’identificazione avvenne a seguito di una pulitura del 1904 che fece riscoprire lo spartito musicale, già coperto da una ridipintura, tenuto in mano dal giovane raffigurato, che contiene la scritta “Cant… Ang…”, seguita da una partitura musicale. E Gaffurio, aveva composto per l’appunto un “Cantum Angelicum“, cioè l’Angelicum ad divinum opus].
Le composizioni degli anni milanesi comprendono ben 14 messe, per i riti sia ambrosiano (con tre sezioni) che romano (con le tradizionali cinque sezioni): tra le più note la Missa de Carnaval, la Missa Trombetta (sul Gloria ad modum tube di G. Dufay, in tre sezioni) e la Missa de tous biens pleine (su una canzone di Hayne van Ghizeghem); e inoltre tre Magnificat a 3 voci e quattro a 4 voci; uno Stabat Mater; le litanie Salve Mater Salvatoris, Virgo Dei digna; 31 mottetti; 3 inni; 4 madrigali a 3 voci.
Lo stile compositivo di Franchino Gaffurio, collegato come formazione alla scuola fiamminga, giunta allora all’apice con Josquin des Près, si esplicò in un trattamento più libero delle forme musicali nel tentativo di fondere i modi espressivi della musica sacra e profana, non scevra quest’ultima da influenze popolareggianti. Se nella messa l’impianto stilistico fu più tradizionale, nei mottetti il G. utilizzò una maggiore libertà nel procedimento imitativo e un più frequente uso dello stile antifonale.
Ma ancor più che l’aspetto compositivo nell’attività del Gaffurio ebbe importanza quello della speculazione teorica; ed è questo, soprattutto, che gli ha assicurato un posto di prestigio nella storia della musica. I suoi tre più importanti trattati, Theorica musicae (1492), Practica musicae (1496) e De harmonia musicorum instrumentorum opus (1518), offrono un esaustivo percorso attraverso i problemi teorici e pratici della produzione musicale dell’epoca. Il suo nome è legato alla ripresa della teoria musicale greca in cui cercò di ritrovare le radici della musica del suo tempo. Nella Theorica musicae, in cinque libri, egli espone la teoria musicale così come era stata elaborata nell’antichità greca integrandola con le innovazioni introdotte da Guido d’Arezzo. Nei quattro libri della Practica musicae, il suo trattato più celebre, egli si occupa della musica partendo da presupposti filosofici chiaramente aristotelici. La musica come disciplina quantitativa comprende lo studio delle proporzioni in una duplice prospettiva speculativa e pratica. Nel De harmonia musicorum instrumentorum opus ricompare infine, con più insistente importanza, la teoria musicale greca.

Liberamente tratto dalla voce redatta da Antonio Sardi de Letto per il Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 51 (1998)(a cura di P. Motta)