AMBROGIO MINOJA

Ambrogio Minoja nacque a Ospedaletto Lodigiano il 22 ottobre 1752. Appartenente a una famiglia agiata, all’età di quattordici anni cominciò per diletto gli studi musicali a Lodi, sotto la guida dell’organista Secondo Anselmi completandoli a Napoli, dove fu allievo del noto compositore Nicola Sala per il canto e per il contrappunto. Si stabilì quindi a Milano, dove fu attivo come Maestro al cembalo alla Scala fra il 1784 e il 1802 e al teatro della Canobbiana (N.B: quella di “Maestro al cembalo” era in quegli anni carica assai importante, riunendo le funzioni di concertatore della parte vocale e di direzione delle esecuzioni). Nello stesso periodo fu segretario generale del Pio Istituto dei professori di musica.

Il 26 dicembre 1786 fu rappresentato alla Scala il suo melodramma Tito nelle Gallie (su libretto rielaborato del “Giulio Sabino” di P. Giovannini, musicato da Giuseppe Sarti), mentre esattamente un anno dopo fu eseguita a Roma la sua Olimpiade, su libretto di Pietro Metastasio (teatro Argentina, 26 dicembre1787). Risale a quegli anni una parte cospicua della sua produzione di musica strumentale, che tuttavia rimase per lo più manoscritta: in tale ambito, godettero di particolare notorietà i sei quartetti per archi della raccolta I divertimenti della campagna. Altre due raccolte di Sonate e Sonatine per clavicembalo con accompagnamento di violino e un Divertimento per cembalo e violino furono pubblicati nel corso degli anni Novanta.

In seguito alla sua nomina, nel 1789, a Maestro di cappella della chiesa di S. Maria della Scala in S. Fedele (nel 1786 fu demolita la collegiata di S. Maria alla Scala per creare lo spazio per la costruzione del nuovo Nuovo Regio Ducal Teatro, poi Teatro alla Scala, e la parrocchia venne accorpata con quella vicina di S. Fedele) il Minoja si dedicò, per un certo periodo, prevalentemente alla musica sacra. Nel 1795 pare anche accertata la sua presenza come clavicembalista al teatro Ducale di Parma.

Dopo l’ingresso dei Francesi a Milano nel 1796, periodo in cui la Scala fu considerata uno strumento ideale per la diffusione delle idee repubblicane e fu impiegata anche per manifestazioni celebrative e di significato patriottico, il Minoja fece parte – accanto al famoso pittore Andrea Appiani, ad Angelo Petracchi e a Giuseppe Carcano – del gruppo di persone, «a vario titolo competenti», che «vagliavano le proposte per una democratica conduzione teatrale e studiavano i nuovi regolamenti sugli spettacoli».

Nel 1798 il Minoja si mise in ulteriore evidenza vincendo, con una Sinfonia funebre, il concorso per la composizione di un brano in memoria del generale francese Lazare Hoche, morto l’anno prima: il premio consisteva in una medaglia d’oro del valore di 100 zecchini.

A partire dal 1799 furono eseguite, sempre alla Scala, alcune sue cantate d’occasione che, insieme alla musica sacra, documentano il rilievo della posizione da lui assunta in quel contesto e, nel contempo, la sua sostanziale indipendenza (da taluni giudicata anche troppo disinvolta) dai due fronti in campo. Così il 21 gennaio 1799 fu eseguita la cantata Inno per l’anniversario della caduta dell’ultimo re di Francia, su testo di Vincenzo Monti, per celebrare la ricorrenza della decapitazione di Luigi XVI, mentre il 25 maggio dello stesso anno fu eseguita un’altra cantata per celebrare la vittoria delle truppe austro-russe  comandate dal generale Suvarov che aveva consentito agli austriaci il 27 aprile la riconquista di Milano durata fino all’aprile del 1800.  Qualche anno più tardi, quando Napoleone nel 1805 fu incoronato Re d’Italia nel Duomo di Milano, il Minoja compose ed eseguì un Te Deum e un Veni creator spiritus a tre voci, dirigendo personalmente un’orchestra di 250 elementi; e ancora il 13 febbraio 1806 la cantata L’arrivo in Milano degli sposi scritta in occasione del matrimonio di Eugène de Beauharnais, appena nominato da Napoleone viceré d’Italia, con Augusta Amalia figlia del re di Baviera.

Un’ulteriore conferma del prestigio di cui il Nostro godeva nella Milano napoleonica si ebbe con la sua nomina a membro ordinario (uno degli otto) della sezione musicale nella classe delle belle arti della Società italiana di scienze, lettere ed arti, istituita dal nuovo Regno d’Italia. Poiché il primo progetto per la fondazione del Conservatorio (avvenuta nel 1808) era nato all’interno della commissione per il miglioramento degli spettacoli di cui anche il Minoja faceva parte, non sorprende che, nei primi anni di vita della nuova istituzione fosse molto stretta la collaborazione fra Scala e Conservatorio del quale il Minoja era stato nominato “socio onorario”. Al primo Direttore e Censore del Conservatorio Bonifazio Asioli, Minoja dedicò la sua importante opera teorica Lettera sopra il canto”, pubblicata  nel 1812. La Lettera, giudicata in prefazione da Asioli «ripiena di bellissimi tratti, di erudizione e di ottime massime per tutti quelli che aspirano a divenir eccellenti cantori», era usata nel Conservatorio alla stregua di prontuario di regole imprescindibili per l’insegnamento del canto.

Dopo la sconfitta del 1814 e il conseguente esilio all’Elba di Napoleone, a Milano tornarono a comandare gli austriaci e l’Asioli, evidentemente compromesso con i francesi, fu costretto ad abbandonare l’incarico, sostituito proprio dal Minoja, nominato «Censore» ossia «responsabile del funzionamento didattico e artistico»: evidentemente gli era riuscita la non facile impresa di mantenere una posizione di prestigio nell’ambito artistico milanese senza compromettersi troppo né con l’una né con l’altra fazione. Ad affiancare il Minoja, tuttavia, venne inaspettatamente nominato “Direttore” del conservatorio e cioè “responsabile di organizzazione, disciplina, bilanci e referente diretto dell’imperatore d’Austria”,  il conte Giulio Ottolini, ciambellano dell’imperatore d’Austria. La carica, di evidente valenza politica e già presente nel decreto istitutivo del 1807, non era stata attivata con l’ Asioli ( se vogliamo fare paragoni col presente, potremmo dire che ai nostri giorni Ottolini sarebbe il “Presidente”, mentre Minoja il “Direttore”). Un primo saggio della graduale prevalenza che la nuova carica avrebbe assunto nel corso del tempo si ebbe nel 1815, in occasione di una delle prime assunzioni per concorso di un docente del conservatorio: il Minoja fu costretto ad accettare la nomina ad una cattedra di clarinetto di Benedetto Carulli, da lui ritenuto inadeguato all’incarico per vari motivi, in quanto costui godeva dell’appoggio del conte F. Annoni, subentrato nel frattempo ad Ottolini nella direzione del Conservatorio (n.d.r. – per la verità lascia qualche dubbio anche la presa di posizione di Minoja, dato che il Carulli fu compositore di molta musica per clarinetto nonché ottimo primo clarinetto  dell’orchestra scaligera , e insieme a colleghi della stessa orchestra, componente di un  quartetto di fiati celebre in tutta Europa).

Il decennio in cui il M. ricoprì il ruolo di censore coincise poi con il periodo  in cui si manifestò con crescente evidenza quello «stato di chiusura sempre più accentuato nella cultura musicale italiana per tutto ciò che non avesse direttamente a che fare con il melodramma e, in ambito musicale, con la melodia vocale”. L’impianto classicistico dei primi anni di vita del Conservatorio, con lo spiccato interesse  per la musica strumentale e per i grandi del classicismo viennese, venne gradualmente sostituito da un’impostazione didattica e artistica sempre più radicalmente orientate verso il melodramma. Così, se Asioli aveva promosso, ad es., l’esecuzione degli oratori La creazione e Le stagioni di Haydn, i programmi delle accademie vocali e strumentali successive al 1814 evidenziano con sempre maggiore frequenza la subordinazione al modello operistico.

Tra le composizioni del Minoja ricordiamo, oltre a quelle già citate: Tre sonate per il clavicembalo o fortepiano ed un violino d’accompagnamentoDe profundis a tre voci – Solfeggi per uno, due soprani e basso continuoMessa da Requiem – De profundis a quattro voci in italiano – Stabat Mater per tre voci e orchestraLaudate pueri, per quattro voci e orchestra – l’oratorio La distruzione di Gerusalemme, oltre ad un’ampia produzione di musica sacra, di numerose sinfonie, arie e solfeggi a più voci.La maggior parte delle composizioni è in forma autografa ed è conservata nella Biblioteca del Conservatorio G. Verdi di Milano.

Ambrogio Minoja morì a Milano il 3 agosto 1825.

Come è capitato alla gran parte delle composizioni musicali italiane, soprattutto non operistiche, del periodo, la produzione del Minoja è finita nel dimenticatoio. Ricordiamo, a memoria, nel primi anni Ottanta del secolo scorso l’esecuzione, a Lodi e a Costanza, di alcune Sinfonie, riportate alla luce da Ernesto Merlini e da lui presentate alla testa dell’Orchestra della Gaffurio. E, più recentemente e proprio a Ospedaletto Lodigiano  nel settembre 2011, l’esecuzione di Le colpe mie son certe”, aria sacra per soprano, due violini, viola da gamba e continuo, da parte del Laus Concentus  diretto da Maurizio Piantelli.

_________________
N.B. – Le note di cui sopra hanno come riferimento di base la voce: Pietro Minoja del Dizionario Biografico degli Italiani/Treccani – Volume 74