IL QUARTETTO IN SOL MAGGIORE K 80
Leopold Mozart, perennemente insoddisfatto e proteso a costruire una brillante carriera al figlio, lavorava da sempre alla realizzazione del progetto di un viaggio in Italia, allora vero e proprio faro della musica europea: lo scopo era di consentire al giovane Wolfgang di perfezionare la tecnica compositiva grazie a contatti con G.B. Sammartini a Milano e soprattutto con Padre Martini a Bologna, così da farne un vero “operista italiano”.
Finalmente, il 13 Dicembre 1769 padre e figlio riuscirono a partire da Salisburgo. Il 15 furono a Innsbruck; il 20 superarono il Brennero e, dopo brevi tappe a Bolzano e Trento, raggiunsero il 24 Rovereto ed il 27 Verona dove rimasero fino al mattino del 10 Gennaio 1770 per un soggiorno caratterizzato dall’accoglienza entusiasta ed ammirata di autorità, gentiluomini, musicofili nonché del popolo tutto. La sera del 10 arrivarono a Mantova dove sostarono per una decina di giorni conseguendovi successi appena inferiori a quelli veronesi.
Il 23 Gennaio raggiunsero la prima importante meta del viaggio, Milano, dove Wolfgang si trattenne per un paio di mesi incontrandovi Sammartini e Piccinni e raccogliendo importanti successi alla presenza delle maggiori autorità politiche e religiose e della nobiltà milanese.
Eccoci, così, alla mattina del 15 Marzo 1770 quando i nostri due viaggiatori lasciano il Convento degli Agostiniani, a fianco della chiesa di S. Marco, che li aveva ospitati durante la tappa milanese dirigendosi verso Porta Romana per imboccare la lunga via che doveva portarli a Parma, Bologna, Firenze, Roma, Napoli.
La strada per Melegnano e Lodi, dove era previsto il prima pernottamento, non era ovviamente più lunga di adesso; ben più lunghi, piuttosto, erano i tempi di percorrenza. Papà Leopold ebbe quindi tutto il tempo necessario per fare un bilancio della prima parte del viaggio in Italia, con i grandi successi di Verona e Mantova e soprattutto la consacrazione, certamente informale ma non meno importante in prospettiva, ottenuta da Wolfgang a Milano. Nume tutelare del viaggio in Italia era stato il conte Carlo Giuseppe di Firmian, ministro plenipotenziario dell’Impero austriaco a Milano (oltre che nipote del Principe Arcivescovo di Salisburgo Leopold Anton von Firmian presso il quale Leopold aveva ricoperto l’incarico di musico di corte e vice-Kapellmeister). Di famiglia trentina, da poco elevata al rango comitale ma da tempo fornitrice di alti dignitari al Sacro Romano Impero e di illustri ecclesiastici alla Chiesa, Carlo Giuseppe fu personaggio discusso, soprattutto “grazie” alla cordiale antipatia che gli riservava Pietro Verri, ma mecenate sicuramente avveduto nei confronti, tra gli altri, dell’abate Parini, del Piermarini e, per l’appunto, del nostro Wolfgang. Fu lui a procurargli gli incontri con Niccolò Piccinni e, particolarmente fruttuoso, con Giovan Battista Sammartini, geniale sinfonista preclassico, stimatissimo dall’Europa tutta compreso il grande Haydn, al cui magistero Mozart si ispirò innanzitutto per il “nostro” Quartetto in sol Maggiore K 80 e, poco più tardi per un gruppo di Sinfonie, Divertimenti ed altri Quartetti. Firmian organizzò altresì nella sua residenza di palazzo Melzi alcuni concerti, alla presenza di “eletto pubblico”, e la grande Accademia di commiato del 12 marzo 1770, cui intervennero l’Arcivescovo e 150 rappresentanti dell’alta nobiltà. Occasioni che ebbero grande successo e sanzionarono la gloria artistica del giovane Mozart, affrancandolo definitivamente dal ruolo, ormai non più consono, di “enfant prodige”. E soprattutto Wolfgang era riuscito ad assicurarsi l’ambita scrittura per un compenso di 100 gigliati (monete analoghe ai fiorini, graditissime all’oculato Leopold) per un’opera lirica Mitridate re di Ponto. che avrebbe inaugurato la successiva stagione di carnevale del Regio Ducal Teatro.
Tornando ai nostri due viaggiatori sulla strada di Lodi (non in carrozza, che era per nobili o ricchi, ma in “sedia”, una specie di calesse coperto fornito di sedie più o meno comode, tirato da due cavalli) è pertanto plausibile pensare ad un Leopold con sulle labbra un sorriso di beato compiacimento per i successi un tempo agognati per sé ed ora ottenuti dal figlio.
Nel tardo pomeriggio del 15 marzo, dunque, Leopold e Wolfgang raggiunsero Lodi prendendo alloggio alla locanda con stazione di posta sita in località “La Gatta”, alla periferia sud della città, modesto ma decoroso edificio a due piani con ampio cortile e stalle per il cambio dei cavalli, mantenutosi pressoché inalterato, anche se in stato di progressivo abbandono, fino a non molti anni fa, quando si diede corso ad una radicale ristrutturazione che ha dato vita all’immobile dell’attuale corso Mazzini, contraddistinto dal n° 88. La prestigiosa memoria mozartiana fu assicurata dalla lapide apposta sulla facciata nel 1956 dal Comitato lodigiano per la commemorazione del secondo centenario della nascita di Mozart, lapide che così recitava: “ In questa casa Wolfgang Amadeus Mozart sostava il 10 (sic!) Marzo 1770 durante il suo primo viaggio in Italia – qui il prodigioso fanciullo quattordicenne scriveva tre tempi del suo primo quartetto d’archi – 1956 nel 2° centenario della nascita”.
Questa lapide, sottratta ai rischi della ristrutturazione immobiliare, è stata ricollocata sulla facciata dove tuttora fa bella mostra di sé. Il 250° anniversario della nascita ha fornito anche l’occasione per correggere dopo tanto tempo l’ errata datazione della sosta lodigiana in 15 Marzo 1770.
Foto della lapide
(dal libro 50 anni….)
E’ nella locanda della Gatta, dunque, probabilmente in due stanze di un certo decoro del 1° piano, che Wolfgang per ingannare la noia della serata compose i primi tre tempi di un Quartetto in sol maggiore: Adagio, Allegro, Minuetto, ai quali aggiunse, tre anni dopo, il conclusivo Rondò. Questo Quartetto, al quale Mozart rimase particolarmente affeziona- to, pur risentendo come detto dell’influenza dello stile italiano della musica da camera, viene considerata opera, oltre che ben riuscita, storicamente importante “perché fissa la trasformazione, se pure a tratti ancora impacciata, da Divertimento a Quartetto d’archi”.
Frontespizio della partitura originale del Quartetto
L’Adagio iniziale sorprende per il suo carattere serio e meditativo soprattutto se si pensa che è stato scritto dallo stesso ragazzo di 14 anni che scriveva alla mamma ed alla sorella lettere di sconcertante e spesso volgare puerilità. Seguono un grazioso Allegro ed un elegante Minuetto in cui risulta evidente l’influenza dello stile italiano e, in particolare, di Sammartini. Nel 1773 a Salisburgo, per renderlo conforme alla prassi compositiva tedesca che prevedeva che un Quartetto fosse composto da quattro movimenti, venne aggiunto un Rondò in cui appaiono evidenti i progressi della tecnica compositiva mozartiana.
Un ultimo accenno alla “fortuna”, in Lodi, del Quartetto k 80.
Se non ci tradiscono le pur attente ricerche, dalle cronache musicali e dai programmi dei concerti emerge un numero limitatissimo di esecuzioni tra le quali tre si impongono per elevata qualità artistica: quelle del Quartetto Keller nel 1970 (forse la prima in assoluto a Lodi) e del Quartetto di Fiesole nel 2001, per gli Amici della Musica, e quella in occasione dell’inaugurazione del Teatro alle Vigne, nell’ottobre del 1985, affidata agli archi del Quartetto della Scala.