FRANCESCO QUARTIRON

Proseguendo la serie degli omaggi ai musicisti lodigiani nei secoli, ricordiamo Francesco Quartiron, liutista lodigiano del ‘600 la cui figura è stata tolta dall’oblio una trentina d’anni fa a seguito del ritrovamento, nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli, di un manoscritto da parte dell’illustre musicologo Dinko Fabris.

Sul frontespizio Quartiron aveva scritto: “O libro che da me sei tanto amato /se per caso fosti perduto / coloro che l’avesser per ventura trovato /render vogliano al suo patron gradito /Francesco Quartiron da tutti chiamato / nella bella città di Lodi nato.

Adì 4 genaio 1607 – Franciscus Quartironus fecit”.

Si tratta di un volume di intavolature * per liuto contenente più di 100 composizioni musicali che apparteneva al lodigiano Francesco Quartiron.

Purtroppo non si conosce nulla della vita di questo antico concittadino. Un tentativo di ricerca (ricordiamo che non esistono libri parrocchiali antecedenti al 1550) fatto negli archivi della Cattedrale e delle parrocchie di S. Lorenzo e di S. Maria Maddalena (le più antiche, che hanno raccolto anche i documenti delle “parrocchiette” inglobate nei secoli) non ha avuto esito. Il cognome “Quartironus”, alla latina, come si usava allora nei documenti ecclesiastici, appare soltanto due volte nel “Libro delle nascite” della Maddalena con riferimento ad un Giuseppe Giulio, morto subito dopo la nascita, e ad un Pompeo, nato nel 1563 e di cui non abbiamo trovato tracce successive. Che il cognome Quartironi compaia in zona è comunque attestato, anche se l’occasione è assai poco lusinghiera, in un atto depositato presso l’Archivio di Lodi col quale il Podestà di Crema nel 1589 indirizzava al Senato di Milano, competente per il Lodigiano, richiesta di estradizione, tra gli altri, dei fratelli Orazio e Antonio Quartironi  “banditti capitali”, ricercati per “molti et athroci delitti” anche dalle autorità di Parma e Bologna. Ultima notizia storico/biografica: il cognome Quartironi (o Quarteroni), in assoluto molto poco diffuso, ha un’origine molto precisa nel piccolo paese di Ornica, in Alta Valle Brembana, dove tuttora numerosi abitanti si chiamano Quartironi (e tra essi il Sindaco). Ha confermato ciò, cortesemente, l’illustre matematico concittadino prof. Alfio Quarteroni, nativo del Cremasco, che ha ipotizzato il trasferimento in pianura, nei secoli, di qualche esponente della famiglia per ragioni legate all’allevamento di bestiame e alla produzione o commercio di latticini.

Tornando al nostro Francesco, possiamo presumere con qualche fondamento che fosse non un musico professionista ma un appassionato e competente “dilettante” che durante i suoi viaggi, magari per commerci, nel resto d’Italia non si separava dal suo libro e dal suo strumento. Alcuni riferimenti consentono di inserire l’origine del manoscritto nell’ambiente intorno alla corte granducale dei Medici di Firenze, ed in particolare nell’occasione delle fastosissime feste per le nozze di Cosimo II con la principessa Maria Maddalena, figlia di Carlo d’Asburgo, arciduca d’Austria, e sorella della regina di Spagna sposa di Filippo III, celebrate con grande sfarzo nell’ottobre del 1608.

Come questo prezioso manoscritto sia arrivato a Napoli resta un mistero. Fatto sta  che dopo quattro secoli le musiche dell’“amato libro” di Francesco Quartiron sono tornate nella sua “bella città”. Alle musiche del Quartiron hanno infatti ridato vita, nell’ambito della Associazione Musicarte, la compianta musicologa Laura Pietrantoni, che ha studiato il manoscritto, e Maurizio Piantelli **, eccellente liutista lodigiano di fama internazionale, che le ha studiate, realizzate, presentate in  concerto e anche registrate in un bel CD di cui vi invitiamo a fare la conoscenza (e magari acquistarlo…) sul sito  www.musicarte.lo.it.

 

* L’intavolatura è un metodo per scrivere la musica, alternativo al pentagramma, molto usato nei secoli XVI e XVII soprattutto per gli strumenti a corda. Si compone di un certo numero di linee orizzontali ognuna rappresentante una delle corde dello strumento; illustra quindi la posizione delle dita del suonatore sulla tastiera, non l’altezza del suono e neppure la durata delle note [N.d.c.]

** Maurizio Piantelli, nato a Lodi, ha studiato dapprima chitarra classica e poi liuto con Massimo Lonardi alla Civica Scuola di Musica “Vittadini” di Pavia. Ha frequentato in seguito i corsi internazionali di perfezionamento di Innsbruck con Nigel North e quelli di Capannori con Jakob Lindberg. Si è specializzato nella prassi esecutiva dei secoli XVI e XVII suonando oltre il liuto anche l’arciliuto, la tiorba e la chitarra barocca. Collabora con importanti gruppi di musica antica a livello nazionale ed internazionale fra cui Il Conserto Vago (dir. Massimo Lonardi), Sacro & Profano, Accademia Serenissima (Venezia), Cappella Leopoldina (Graz, Austria), Ensemble Chiaroscuro (dir. Nigel Rogers), Tölzer Knabenchor (dir. Gerhard Schmidt-Gaden), Orchestra della Radio Svizzera di Lugano (dir. Diego Fasolis), Accademia degli Invaghiti (Mantova), I Solisti Veneti (dir. Claudio Scimone), Orchestra barocca La Calandria, Accademia del Ricercare, Ensemble More Maiorum (dir. Peter Van Heyghen), Delitiae musicae (dir. Marco Longhini), L’Astrée, Academia Montis Regalis, Concerto Italiano (dir. Rinaldo Alessandrini), Ensemble Durendal (Pamplona, Spagna). Nel 1992 ha fondato l’ensemble Laus Concentus con il quale ha effettuato incisioni discografiche e concerti in Italia ed Europa. Ha partecipato ad oltre 50 incisioni discografiche con prestigiose etichette fra cui Opus 111, Tactus, Naxos, Symphonia, Naïve.

 

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Il CD viene introdotto da una importante nota critica di Dinko Fabris che riteniamo opportuno riportare in toto:

 

“Ho incontrato per la prima volta il manoscritto di liuto di Francesco Quartiron da Lodi esattamente trent’anni fa (1) e rimasi ammaliato dalla sua unicità: si tratta tuttora dell’unica fonte liutistica individuata a sud di Roma, che contiene peraltro una rarissima testimonianza di musica per cetra. Dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso avevo cominciato a setacciare i fondi musicali di Napoli alla ricerca di eventuali musiche intavolate per strumenti a corde pizzicate, che mi sembrava impossibile fossero totalmente assenti in tutta l’area meridionale d’Italia, a dispetto della ricca documentazione d’archivio su liutisti e liutai di quella zona dal Quattrocento al tardo Settecento. Individuai nel vecchio catalogo della biblioteca del Conservatorio di Napoli (la più ricca biblioteca musicale del mondo, con quasi due milioni di unità catalografiche) due indicazioni interessanti: la prima riportava genericamente “danze varie per strumenti a corde pizzicate” (MS. 1321) ma non tardai a verificare che si trattava di musica per una strana chitarra “tiorbata”, cioè con 8 corde basse aggiunte alle 5 doppie normali per lo strumento del Seicento. La seconda indicazione napoletana si riferiva a “Composizioni per chitarra in forma di danze, intavolate su rigo di 6 linee” (MS. 7664) ma questa volta si trattava di autentica musica per liuto del primo Seicento, come provava la presenza di 6 linee invece delle 5 tipiche della scrittura per chitarra del tempo: il manoscritto Quartiron, appunto. Ottenni il permesso di fotografare i due manoscritti e di studiarli. Inoltre ne segnalai l’esistenza, totalmente ignorata in precedenza, in un contributo di aggiunte al volume del RISM dedicato ai manoscritti di intavolature, insieme ad altre fonti italiane dimenticate.[i] Ma non avrei sperato allora che il manoscritto liutistico di Quartiron potesse un giorno diventare un disco e che il suo contenuto rivivesse dopo secoli. Ecco quel che sappiamo oggi di questo prezioso libro.

Nella biblioteca napoletana è custodito probabilmente fin dalla fine del Seicento un codicetto oblungo compilato da Francesco Quartiron “nella bella città di Lodi nato”. Nella attuale biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella confluirono, agli inizi dell’Ottocento, i fondi librari degli antichi quattro conservatori di musica napoletani attivi dal primo Seicento: Turchini, Loreto, Sant’Onofrio e Poveri di Gesù Cristo. Nella stessa biblioteca di San Pietro a Majella, un manoscritto del primo Settecento, appartenuto forse al maestro del Conservatorio dei Turchini Gaetano Greco, riporta una serie di esercizi per iniziare lo studio della composizione a partire da danze arcaiche e le prime pagine sono in intavolatura per liuto, passando poi a quella per tastiera, a dimostrazione dell’uso didattico di queste antologie nei conservatori partenopei. Se non sappiamo quando il manoscritto sia arrivato a Napoli, dove presumibilmente fu appunto utilizzato in uno dei conservatori antichi, conosciamo la data in cui il suo primo proprietario cominciò a compilarlo e, per via indiziaria, il luogo d’origine del repertorio. Nel foglio di guardia originale del manoscritto, lo stesso compilatore scrisse:

 

“adi 4 Genaio 1607

 

O Libro che da me sei tanto Amato,

Se per caso fosti perduto,

Coloro che t’avessero per ventura trovato:

Render vogliano al suo Patron gradito

Francesco Quartiron da tutti chiamato

Nella bella città di Lodi Nato,

 

Franciscus Quartironus                                         

fecit.”

 

Sul verso si trovano altre indicazioni e altre date:

 

“a 4 di Agosto Comincia a imparare a

Sonare di Ms. Giovanni Nanécino

1607”

 

“alli 5 di Settbj. 23” [forse Settembre 1623?]

 

Nel manoscritto compaiono altri due nomi: la Corrente detta la timida  è detta “di Paolo Boschi” mentre un’altra corrente è definita “Favorita del Cardinal Montalto”. L’insieme di queste informazioni ci consente di inserire l’origine del libro di Francesco Quartiron nell’ambiente intorno alla corte granducale dei Medici di Firenze, ed in particolare nell’occasione delle celebri nozze del principe Cosimo II con la principessa Maria Maddalena d’Austria, celebrate nell’ottobre del 1608 con spettacoli meravigliosi, ai quali presero parte i più famosi cantanti e strumentisti d’Italia. Come hanno dimostrato Tim Carter e Victor Coelho, nella lista dei ben 13 suonatori di liuto che intervennero negli intermedii di quelle feste fiorentine del 1608, ritroviamo come secondo e terzo liuto Paolo Boschi (l’autore della citata Corrente) e “Giovanni detto Nannicino”, ossia colui che Quartiron dichiara suo maestro nel 1607. Questo “Nannicino” doveva essere un maestro davvero celebre, se fosse lo stesso compositore conosciuto come “Nanni” o “Giovanni Battista” da Milano, autore di oltre una trentina di composizioni sparse in vari manoscritti di fine Cinquecento o primo Seicento (Bruxelles, Ms. Cavalcanti; Pesaro, Conservatorio, Rari Ms. b-10: etc.). Inoltre il cardinale Alessandro Peretti Montalto (il dedicatario, non compositore, della corrente “Favorita”) fu uno dei principali collaboratori musicali delle feste fiorentine del 1608, avendo prestato i rinomati virtuosi che ospitava magnificamente nel suo palazzo romano e tra i brani anonimi del manoscritto di Quartiron figurano molti titoli che potrebbero essere associati a musica eseguita durante le nozze del 1608, dal Ballo di Palazzo (la celebre Aria di Firenze) alla Corrente “Bellissima Regina” (testo musicato dal compositore di corte fiorentino Jacopo Peri).  Molte delle danze del libro di Quartiron si ritrovano in una serie di codicetti coevi, tutti di origine toscana tra fine Cinquecento e i primi decenni del Seicento: manoscritti conservati alla Biblioteca Nazionale di Firenze (Fondo Magliabechi), Comunale di Lucca, Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma e Germanischen National-Museums di Norimberga.

Tuttavia il manoscritto di Quartiron non è semplicemente un riflesso delle feste fiorentine del 1608 ma una delle più vaste antologie di musica italiana per liuto del primo Seicento. Le 110 composizioni che vi compaiono furono copiate da mani diverse e in periodi successivi, tanto che le possiamo dividere in tre sezioni distinte: una prima sezione (mano A), comprende 26 danze tra cui la Corrente di Paolo Boschi; la seconda sezione (mano B, quella di Francesco Quartiron), altre 55 danze o variazioni su note arie e comprende la corrente Favorita del Cardinal Montalto; la terza sezione (mano C) aggiunge 36 nuove danze e inoltre il suo autore interviene su alcuni brani della sezione II apponendo un testo vocale ad alcuni brani che ne erano privi.

Non sappiamo se Quartiron si spostò mai dalla sua Lombardia, per seguire il suo maestro “Nannicino” oppure il suo libro sia passato nelle mani di altri liutisti dopo di lui. Il percorso di questo prezioso manoscritto dall’estremo nord alla capitale del sud Italia resta un affascinante mistero, reso ancora più avvincente da un precedente illustre: tra il 1477 e il 1480 Franchino Gaffurio da Lodi, uno dei più importanti teorici della musica di tutti i tempi, fu attivo alla corte aragonese di Napoli, città dove pubblicò il suo primo trattato (Theoricum Opus) prima di tornare a Milano.

Lo strumento richiesto nelle tre sezioni varia da un liuto arcaico a 6 cori (**), tipico della musica anteriore al 1580, ad uno strumento più grande prima a 10 e poi fino a 13 cori. Inoltre nella sezione copiata da Quartiron si trovano 6 composizioni in intavolatura per cetra a 6 cori (delle quali 3 sono brani per voce e cetra) e almeno un brano per chitarra spagnola a 5 cori. Probabilmente attraverso il suo maestro, Quartiron ebbe accesso a numerose fonti musicali, per la maggior parte toscane ma non esclusivamente, che tramandavano in intavolatura le musiche più in voga a cavallo tra Cinque e Seicento: danze naturalmente, ma anche villanelle, arie monodiche e canzonette, melodie popolari come basi per variazioni, e così via.

La presente registrazione presenta un’ampia antologia del manoscritto che abbiamo descritto: ben 25 brani, scelti tra le prime due sezioni, quelle più direttamente associate a Francesco Quartiron e all’ambiente fiorentino intorno al 1608 (compresa la Corrente del liutista Boschi, la Favorita del Cardinal Montalto e una serie di composizioni di quell’ambiente, in particolare le Calate e il Ballo di palazzo ossia L’aria di Firenze). Tra le danze più in voga in quel tempo, dalle Correnti ai Passemezzi, ritroviamo una deliziosa aria intitolata Amore contento, forse il brano più poetico copiato dalla mano del liutista lodigiano. Un suo conterraneo di quattro secoli più tardi ha voluto dedicare all’antenato Quartiron una Toccata aggiunta in coda all’incisione discografica.

Si tratta di un mondo variegato e che attraversava le categorie sociali (dentro ma anche fuori dei palazzi aristocratici) e che, come aveva intuito già alla fine del Cinquecento il pioniere della riscoperta del liuto, Oscar Chilesotti, è giunto fino ai nostri giorni grazie alle intavolature liutistiche, vere registrazioni sonore ante litteram che custodiscono il fiore delle melodie popolari del Cinque e Seicento.

 

Dinko Fabris